I ricordi di Danilo Gioia | #StorieDalGiro
I ricordi di Danilo Gioia
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“Tutto iniziò quando mio padre e mio zio mi regalarono una bicicletta. Mi fecero contento dopo che a mio fratello comprarono una moto. Lì iniziò la mia passione per il ciclismo. Tanto da diventare professionista su strada nel 1988. Non mi sembrava vero di poter gareggiare con Saronni, il mio idolo di cui avevo i poster in camera. Era la realizzazione di un sogno. Ho avuto la fortuna di gareggiare con capitani che hanno scritto la storia del ciclismo. Nella mia carriera ho collezionato risultati di cui vado fiero: un sesto posto nella Milano Sanremo del 1989, un quinto posto alla coppa Agostoni, un terzo posto in una tappa della Tirreno Adriatica e, soprattutto, un terzo posto in una tappa del Giro d’Italia. Quel Giro iniziò malissimo per me: presi un’insolazione il primo giorno, ero quasi intenzionato ad abbandonare la Corsa. Poi mi sono ripreso, rischiando addirittura di vincere quella tappa. Sono anche andato in fuga nella seconda parte della competizione. Poi quando iniziano a tirare i capitani diventa durissima. I ricordi più belli sono legati agli arrivi nelle tappe di montagna. Ad aspettarti c’è una folla immensa e ti vengono i brividi. È da pelle d’oca! Il rapporto con i tifosi è splendido. Il loro tifo funge da adrenalina nei momenti più duri. È però necessario che ci sia rispetto. Quando il tifo diventa invasivo, con le persone che inseguono i corridori si creano pericoli. Occorre educazione nei confronti degli atleti che, in quel momento, stanno lavorando. Comunque con la gente si crea un rapporto davvero strettissimo che nel calcio è impossibile, anche solo per le distanze tra spettatori e campo. Dopo le gare su strada ho corso come professionista in mountain bike. Lì ho riscoperto la vera passione per questo sport. Ci sei tu, la bici e la gara, senza alcun gioco di squadra. Dipende tutto da te. Secondo me è il vero ciclismo: non vince la “fuga del fagiano”, vince il più forte. E, fattore non di poco conto, riesci a goderti il paesaggio senza lo stress della strada. Emozioni che fanno tornare bambini.”

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