Storie | #StorieDalGiro

Abbiamo una storia
e delle storie da raccontare

“Sono qui al Giro perché il ciclismo è uno sport bellissimo. Ti circonda di persone con cui condividere impressioni, sacrifici e sorrisi. Adoro anche il rugby, un altro sport che genera un senso di comunità. Da tifoso ricordo Pantani; per me rappresenta il ciclismo. Le sue imprese in salita simboleggiano la fatica compiuta per raggiungere gli obiettivi. Poi, dopo l’impegno profuso, puoi rilassarti in discesa.”

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“Sono cileno, ho vissuto 34 anni in Spagna. Seguo tutto: il Giro, il Tour, la Vuelta. Ho iniziato con la Vuelta nel 1989, il mio primo Giro, invece, risale al 1994. Sono qui per lavorare. Cominciò tutto quando, anni fa, scattai una foto ad un corridore, costruendo poi una piccola bicicletta come cornice. A Natale lui mi contattò chiedendomi di fargliene avere 1.000. Le avrebbe poi autografate e regalate. Da lì ho proseguito quest’attività; mi conoscono tutti, sono sempre in mezzo alla gente. Ho seguito tanti campioni del passato. Tra loro detiene un posto speciale Indurain. Un gran signore che saluta sempre ed è davvero gentilissimo.”

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“Siamo tutte di Gualdo Tadino, quest’anno il Giro d’Italia è arrivato proprio a casa nostra. Oggi c’è aria di festa. C’è così tanta allegria che ci siamo distratte e non abbiamo nemmeno visto passare la Corsa. Guardando indietro nel tempo non possiamo non ricordare Adolfo Leoni, campione del passato e nostro compaesano. Invece chi ci ha fatto emozionare maggiormente è stato Pantani. Le sue imprese in salita resteranno per sempre memorabili.”

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“Sono originario di Gualdo Tadino ma ho vissuto per 40 anni in Germania. In occasione del Giro d’Italia, esultavo con gli altri italiani quando Pantani batteva Jan Ullrich. Quando uscì lo scandalo su di lui piansi per giorni. Per me il ciclismo è sinonimo di libertà. Permette di scoprire delle bellezze che altrimenti non vedresti. È anche un gioco di squadra. Se non hai un buon gregario non vai da nessuna parte.”

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“Il mio nome d’arte è Drumbo. Sono bergamasco ma mi sono trasferito a Roma da qualche anno. Suono la batteria da quando sono piccolo e da un anno mi esibisco per le strade suonando pentole e bidoni. Mi sono aggregato al popolo del Giro d’Italia, sfruttando l’occasione di suonare davanti ad un pubblico tanto numeroso. Amo la bicicletta e ho sempre seguito la Corsa Rosa. Il mio ricordo più significativo risale a 10 anni fa quando, con la mia fidanzata, mi appostai a Passo San Marco per vedere il Giro. Inizialmente eravamo io e lei. Poi si è creata una vera e propria compagnia: tante persone, unite tutte dalla stessa passione. È stato bellissimo. Ricordo anche la malinconia che provavo da piccolo alla fine del Tour De France. Lì capivo che le mie adorate vacanze estive erano ormai al giro di boa.”

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“Siamo qui appostati per vedere il Giro d’Italia, arriviamo da Lecce. Siamo appassionati di ciclismo in tutte le sue forme: dalla mountain bike allo spinning. Ci offre la possibilità di entrare in contatto con la natura, in special modo con le montagne. Mio papà era invalido e non potendo andare in bicicletta organizzava le gare. Anche io aderivo, eravamo 40 ragazzi. Chi non aveva la bici ben pulita e lucidata non aveva il permesso di gareggiare.”

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“Dalla storica foto di Bartali e Coppi ho ottenuto questo quadro. Ritrae i due campioni al Tour de France mentre si scambiano una bottiglia di due litri. Non è una borraccia, mi sono documentato! Sono nato Bartaliano poi mi sono appassionato a Gimondi e Moser. Oggi non ho preferenze, faccio il tifo per tutti! Preferisco il ciclismo al calcio, è più puro e genuino.”

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“Quest’albero l’ho potato io, ha la forma di una persona. Lo addobberò con tanti nastri rosa. Ho appeso anche una bandiera risalente al Giro d’Italia del 2016. Ogni volta che la Corsa passa da qui ne approfitto per raccogliere gadget che poi conservo. Roccaraso è abituata ad essere città di tappa. Ho tantissimi ricordi in merito: su tutti spiccano le imprese di Panizza e Battaglin.”

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“Il Giro d’Italia è passato spesso per Roccaraso. Era una tappa decisiva per la vittoria finale. Spesso chi vinceva la Maglia Rosa qui, era destinato a portarla fino alla fine. Soprattutto grazie alla salita del Macerone, una delle più provanti dell’intera competizione. Mi ricordo dell’avvincente sprint tra Panizza e Hinault. Miro vinse la tappa e vestì la Maglia Rosa. Poi la riperse ma fu molto emozionante.”

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