“Noi abbiamo conosciuto il Giro nel 2004. Siamo di Giffoni Valle Piana e quell’anno fu città di tappa. Da allora andiamo a guardare almeno una tappa del Giro all’anno, sempre insieme, ma siamo stati anche al mondiale a Firenze del 2013. Quest’anno abbiamo voluto vedere anche le “Strade Bianche” e adesso siamo qui. Faremo 700 chilometri tra andata e ritorno. Domani, salvo imprevisti lavorativi, vorremmo andare sul Blockhaus. Due di noi lavorano ma vorremmo tenere saldo il gruppo.”
“Da piccolino guardavo il giro con il nonno. Lui è sempre stato un amante del Giro e mi ha trasmesso questa passione. Da maggio in poi, il pomeriggio, dalle 3, ci mettiamo davanti alla TV per guardare il ciclismo, prima il Giro, poi il Tour e la Vuelta. Oggi non è potuto venire, è rimasto a casa. Io sarò i suoi occhi, speriamo di vedere Nibali. Per il nonno è lui che deve vincere il Giro. Per noi due è una vera malattia il ciclismo. Ci ho fatto anche la tesina delle medie, su come Bartali, con la sua bicicletta aiutò gli ebrei italiani portando loro i documenti falsi per salvarsi. Il ciclismo non è solo uno sport è la metafora della vita e il Giro è l’emblema dell’Italia stessa, rappresenta gli italiani.”
“Questo cartellone l’ho fatto perché Pantani è il nostro idolo e quella di Scarponi è stata una tragedia, non solo per il ciclismo. Abbiamo voluto ricordarli all’arrivo, oggi, perché è giusto così. Sono 2 persone da ricordare e rimarranno sempre per chi ama il ciclismo. Io sono follemente innamorato del ciclismo, l’ho praticato per 8 anni,ho corso fino ai dilettanti e, anche adesso che ho smesso, la passione resta intatta, per il ciclismo…e per il Foggia. ‘za Fo’!”.
“Di qui è passato il Giro, io lo ricordo, moltissimi anni fa. Avevo una casa lì, dove ora c’è l’arrivo, e dalla finestra della mia camera da letto vedevo le scritte sull’asfalto. Una di queste era “W Gimondi”. Ero piccolissima, ma lo ricordo molto bene. Ora stiamo qui, abbiamo un piccolo albergo di famiglia e questo parcheggio dove ci piace incontrare la gente. E’ il nostro piccolo porto di mare”.
“Quando osservate un trullo dovete fare attenzione ai pinnacoli. In passato distinguevano il ceto sociale della famiglia che vi risiedeva. Più era lavorato il pinnacolo, più era ricca la famiglia cui apparteneva. Vedrete pinnacoli inesistenti, pinnacoli con una semplice palla o altri con una stella. I simboli disegnati sui trulli invece distinguevano le famiglie per credenza, ceto sociale, religione…Vengono ri-disegnati ogni 2 anni e distinguevano le famiglie cristiane da quelle pagane. Vedrete simboli pagani, cristiani, magici e primitivi. Da queste parti l’esoterismo è sempre stato diffuso, dovuto al fatto che la popolazione è molto antica, ha dei rimandi che vanno molto indietro nel tempo. Sono un artista visivo e mi appassionano molto queste antiche forme d’arte decorativa. Il simbolo del Giro? Forse l’avrei fatto diversamente”.
“Io sono di qua, non sono Dalì”.
“Nel 2003 il Giro partì da Policoro. Ero piccolino e Marco Pantani mi fece l’autografo su un cappellino. Fu il suo ultimo giro d’Italia. Ce l’ho ancora…Ora tifo per Domenico Pozzovivo. Un po’ perché è lucano, un po’ perché lo conosco. Correvo in bicicletta, mio zio è meccanico della Nazionale under 23. Ora ho smesso, ho 28 anni, ma quando posso prendo la bici ed esco: la passione c’è sempre”.
“Io sono sempre vestito così, oggi però il mio abbigliamento è dedicato al Giro d’Italia. Per uno sportivo come me è un rito. A quest’ora di solito si segue il Giro. Il vero sportivo dopo pranzo si mette davanti alla TV e guarda l’arrivo della corsa. Sono un tifoso, lo sono sempre stato. Prima di tutto del “Trullo volante”: Leonardo Piepoli, ma anche di Saronni, Moser, Battaglin, Simoni, Nibali, Aru…ma vado anche in bicicletta. Vedi questa bici era del mio papà, l’ho restaurata, ha i freni a bacchetta. Era una bici da lavoro, perché le biciclette sono nate per lavorare”.
“Questa sfumatura rosa l’ho fatta prima di sapere che il Giro sarebbe passato da qui. Sono avanti!”.

“Questa è la bandiera del Team Sky, però purtroppo quest’anno gli infortuni… Tifiamo soprattutto per Landa. Anche questo è il giro: c’è la fortuna e la sfortuna, è due anni che è sfortunato; adesso è in fuga e speriamo riesca a fare qualcosa di concreto”.
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“Il ciclismo è il mio sport, ne sono innamorato. Ho corso per 19 anni fino ai 24 anni, poi ho cominciato a lavorare, ma ogni volta che ci sono questi avvenimenti, ecco che si prende la scusa per fare un giorno di ferie e venire a vedere passare i corridori. Mi dà soddisfazione, mi identifico perché per tanti anni ho fatto la stessa vita… ho fatto anche il Giro d’Italia ma tra i dilettanti… ho sempre vinto tante corse nella mia carriera, però a quel livello non ho trovato quello spunto per poter passare oltre. Per me il ciclismo è stato importante, una scuola di vita che mi ha fatto diventare grande”.
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“Siamo amici e volontari della comunità Don Lorenzo Milani di Sorisole e seguiamo il Giro per passione, sono anni che lo facciamo: il Giro è il Giro. Vengo dal sud e vivo a Bergamo, un posto dove la bici è il quotidiano, è andare a prendere il pane, è andare a fare la spesa, è andare in Chiesa. Era il mezzo per muoversi negli anni ’70 e ’80, oggi un po’ meno ma sta tornando grazie alle piste ciclabili “.
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“Veniamo dalla Toscana, tutti gli anni seguiamo il Giro… seguiamo i mariti che hanno la passione per il ciclismo. Siamo state anche a Richmond, negli Stati Uniti, per i mondiali. Una volta il Giro era semplice, era meno conosciuto. Adesso c’è tutto il mondo.”
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“Ho fatto il primo Giro nel 1979, dal ’86 li ho fatti tutti in moto e ho visto tutta l’Italia. Ora che c’è mio figlio in moto, io vado a cercare quelle foto un po’ particolari, quelle che in corsa rischi sempre di fare meno. La storia del Giro è raccontata anche dalla gente, dal paesaggio anche perché, a differenza del Tour, l’Italia ha dei paesaggi stupendi. Questo lavoro mi ha permesso di conoscere l’Italia, la gente e di essere apprezzato per le mie immagini. Seguire il Giro è anche libertà, come ora, qui sullo Stelvio: ti senti libero, vedi ovunque e il bello è riuscire a fare un’immagine fotografica che racconti tutto questo. Ricordo il primo Gavia che abbiamo fatto, era il terzo anno che seguivo il Giro in moto, ero ancora inesperto e ci siamo trovati sulla montagna con la strada tutta innevata. C’erano ancora le pellicole e facevo fatica a cambiare i rullini con le mani ghiacciate. Ci siamo trovati, senza rendercene conto, nella storia del Giro”.
Roberto Bettini, fotografo storico del Giro d’Italia
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“Sono il più anziano del gruppo e sono un ex atleta, un ex maratoneta; ho vinto due titoli italiani di maratona e sono stato capitano della squadra campione del mondo di maratona a Seul nel 1987 e ottavo a quella di New York e oggi sono qua a fare il tifo per il Giro d’Italia. Oggi siamo tutti amici: l’agonismo è importante, però il gruppo fa piacere. Quando trovi tanta gente che ti aspetta e ti incita, è uno stimolo in più per andare avanti…a volte non senti la fatica. Come i corridori quando arrivano al GPM, nella maratona, ci sono dei momenti di crisi, ma il pubblico ti aiuta a superarli. E’ una cosa incredibile!”
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“25 anni fa sono andato da Reggio Emilia a Capo Nord e ritorno. Allora correvo come amatore nella squadra di Reverberi, che adesso è Bardiani-CSF. Ho fatto un po’ di dilettante ma poi ho smesso e ho cominciato a lavorare ma la passione è rimasta. Sono stato fermo un mese perché ho rotto un dito, ma i miei 4.000 km li ho già fatti. Ora che sono in pensione ho tempo per girare e non ho nessun altro sport, mi piace la bicicletta: mi confronto con gli altri e con me stesso. A Reggio Emilia ho visto l’arrivo e la partenza: i professionisti mi danno l’emozione unica che loro vanno disumanamente e io sono sempre fermo”.
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“Ne ho viste tante durante il Giro: ricordo quando Pantani ha fatto la scalata a Montecampione: si sentiva salire, si sentiva la montagna che batteva, tremava. Si sentiva proprio il rumore della gente. Non si riusciva a passare a piedi da tanta gente. E’ stato il top.
Poi, non ricordo se era il 2014, noi eravamo giù, c’era la tappa Gavia Stelvio.. c’era tanta neve. Non ci volevano far salire al Gavia e allora noi abbiamo fatto un altro giro per prendere lo Stelvio, eravamo solo noi in strada. Poi, purtroppo però, la tappa è stata annullata”.
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“Sono venuta a trovare il mio ragazzo che lavora per il Giro d’Italia. Non seguo molto il ciclismo ma ricordo Cippollini e Bettini da quando ero piccola. Una volta mi è capitato di vedere l’ultima tappa di un Giro perché è passato vicino a casa mia, a Milano. Quest’anno da italiana tiferò per Nibali!”.
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