“Sono nato il 26 gennaio del ’24. Ho fatto la guerra nel ’43. Mi hanno portato alle porte di Pola, in Istria e poi, dopo l’affondamento dell’8 settembre, a piedi fino a Bari, con solo una bottiglia di acqua e tanta fame. Ma ero abituato. Quando ero piccolo mio padre mi portava a raccogliere le spighe con scarpe fatte da copertoni recuperati. Io so cosa vuol dire andare a letto prima di cena. Per fortuna c’è sempre stata la salute. Ho visto molti dei 100 giri d’Italia. Ho visto Vittorio Adorni quando vinse il titolo mondiale a Imola, ma il più grande di tutti era Gino Bartali. L’altro giorno però, guardando la TV, ho scoperto che c’è un ciclista che ha vinto 42 tappe al giro. Non ricordo il nome, ma 42 tappe… incredibile!”.
“Noi siamo la squadra campione regionale di Sicilia. Siamo venuti da Palermo in bici, così stiamo un po’ all’aria aperta, in compagnia, ci divertiamo un po’ e poi rientriamo. L’ultima volta a Cefalù abbiamo fatto la foto con Contador e ha vinto lui. Ora stiamo cercando Nibali per farlo vincere!”.
”L’ultima volta che il Giro fece tappa a Cefalù in maglia rosa c’era Francesco Moser. A casa abbiamo una bellissima foto mentre attraversa le strade della nostra città. Dietro si intravede nostro padre”.
“La mia gioventù è legata al Giro d’Italia. Vivevo in una borgata, eravamo tanti ragazzi, ognuno aveva il suo beniamino: chi aveva Motta, chi Gimondi, chi tifava per Merccx o Anquetil. La rivalità tra ragazzi si riduceva a questo. Passavamo le serate davanti al bar a cercare di convincere li altri che il nostro beniamino fosse il migliore. Poi è passato del tempo, siamo cresciuti, ci siamo divisi, ognuno ha preso la sua strada, ma nessuno di noi ha mai abbandonato il proprio idolo. Io amavo Anquetil. Era elegante, aveva una classe particolare. Partiva col suo passo e poi andava a prendere tutti. Era meraviglioso”.
“Non sono una grande esperta, ma sono contenta che quest’anno il Giro venga in Sicilia. Sono siciliana, ma purtroppo, o per fortuna, vivo fuori. Sono molto legata alla mia terra e sono felice che i miei conterranei possano partecipare a questo evento meraviglioso ma soprattutto che altre persone possano apprezzare la bellezza, la cultura, la storia della mia regione.”
“Sono nato a Brescia e ricordo quando mio padre mi portava a guardare le tappe, soprattutto quelle di montagna, Montecampione, al Tonale, Ponte di Legno. Il giro d’Italia è davvero Storia, mi fa tornare indietro e mi racconta quella che è stata la mia prima vera esperienza da inviato. Ne feci 2 per una radio: quello del 2000 e poi ancora l’anno dopo. Per me vedere Pantani, stare vicino ai corridori fu un’emozione fortissima. Per me il ciclismo è una passione vera. E’ dentro di me. Ora che sono al seguito del Giro proverò sicuramente a vedere delle tappe. Non sopporterei di stare qui 3 settimane senza vedere nessuna tappa dal vivo. Ne ho già messo nel mirino alcune di montagna. Il sud è meraviglioso, il panorama è splendido, il clima è stupendo ma per me il Giro son le montagne. Nel 2000 salii sull’Izoard, ero davanti alla corsa. Salire e vedere quel muro di persone fu qualcosa di indimenticabile. La salita, la fatica, il racconto, l’epica che c’è dietro il ciclismo e poi la bicicletta: se ci pensi se pedali puoi solo andare avanti…”.
“In Giappone questa settimana si chiama “Golden Week”. E’ una settimana di festa e sono venuta qui in vacanza. Sono una tifosa di ciclismo e seguirò l’inizio del Giro in Sardegna. A me e alle mie amiche Michele piaceva moltissimo, era simpatico e quando è mancato siamo state molto, molto tristi. Abbiamo pensato soprattutto alla sua famiglia e se fosse possibile vorremmo aiutarla. Abbiamo fatto questo striscione e questa maglietta e, insieme al nostro gruppo, abbiamo raccolto una piccola somma di denaro. Ieri abbiamo chiesto all’Astana di consegnarla alla famiglia: non è molto, ma vorremmo dare un aiuto”.
“Scusatemi. Sono rimasta incantata davanti alla natura di questo posto”.
“Ieri abbiamo fatto la tappa da Olbia a Tortolì. I paesaggi sardi sono meravigliosi: la Sardegna è un paradiso terrestre. Sono luoghi incantevoli, abbiamo ancora negli occhi i paesaggi dell’Ogliastra di quando il giro passò da queste parti l’ultima volta. Potevamo avere sei, sette anni, è il primo ricordo che mi viene in mente se penso al Giro d’Italia”.

“I vestiti rosa? Una coincidenza, non sono un’appassionata. Sono originaria di Parma, mia nonna però era imparentata con Vittorio Adorni. Per me il giro era lei che mi diceva: “Guarda, il figlio di mia cugina”
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“Il giro è una cosa che riguarda un po’ tutti”.
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“Quando faceva il garzone di bottega, lavorava nella salumeria di un mio prozio. Mio padre, 2 anni più giovane di lui, faceva il garzone in una bottega lì vicino. Al mattino, scendendo dal paese, passava dalla salumeria a prendere qualcosa da mangiare, ed è così che si conobbero. Poi presero strade diverse. Anni dopo, io avrò avuto 6, 7 anni, Coppi venne, con altri corridori, a fare questa kermesse all’ippodromo di Novi. Io li ricordò lì, come se fosse un sogno. Questi 2 uomini abbracciarsi e parlare. Poi Fausto venne da me, mi mise una mano sulla testa, come si fa di solito coi bambini, e mi chiese cosa poteva fare per me. Io gli chiesi se per favore poteva farmi fare un autografo da Charlie Gaul. Lui si mise a ridere e lo chiamò. Non lo vidi più, ma un paio di volte all’anno accompagnavo mio padre a Castellania per portargli dei fiori. In una di queste occasioni, poteva essere il ’97, passammo davanti alla casa che era in uno stato penoso e mio papà mi disse: “Lui sarebbe contento se qualcuno la sistemasse”. Io, che l’anno prima avevo fondato insieme ad altri commercianti della zona, un consorzio turistico che poi prese il nome di “Terra di Fausto Coppi”, fui costretto a promettere davanti alla porta di questa casa che qualcosa avrei fatto. Quando sistemammo la casa mettemmo da parte alcuni mattoni, per me rappresentano l’essenza di questa casa, sono il pezzo cui tengo di più”.
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“Non sono un ciclista, uso questa solo per spostarmi, però sono venuto apposta per il giro. Mi sono appassionato guardandolo alla TV. Seguendo le tappe finisci col chiederti, ma chi me lo fa fare di andare in giro per il mondo con tutta la bellezza che abbiamo nel nostro paese?”.
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“Tutte le società di ciclismo della zona han portato i ragazzini qui a fare la gimkana e dopo vedremo l’arrivo di tappa. Passare sotto il traguardo, tutti con le maglie uguali è stata una bella emozione. Prima seguivo i ragazzi un po’ più grandi, ma ora, andando avanti con l’età, ho capito che proprio i più piccoli han bisogno di qualcuno che li segua”.
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” Il nonno praticamente mi obbligava a vedere il Giro, non posso dire che fosse proprio un piacere”.
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“Ero militare a Montorio Veronese, a 7km da Verona. Nel ’51 nella sola Verona c’erano circa 15 mila soldati, in 7 mila eravamo di stanza a Montorio. Quel giorno ci diedero il permesso per andare a veder passare il giro. Da Verona ad andare a Vicenza, noi soldati eravamo tutti schierati ai lati della strada per vedere passare il gruppo. Quando sono arrivati andavano veloce, perché lì è pianura. Allora io guardo e guardo ma non riesco a vederlo, ché la bianchi era tutta rintanata in mezzo al gruppo. Non son riuscito a vederli, né lui né Serse. Poi a un certo punto mi son sentito chiamare: “Sergio!”. Mi aveva riconosciuto, nonostante fossimo tutti vestiti allo stesso modo. Sapeva che ero lì. Lui era un fenomeno in tutti i campi. “Ciao Faustino!” gli gridai di rimando, perché per noi lui era Faustino. Dopo 15 giorni, sognai che era morto Serse, ma io non mi allarmai che quando si sogna uno che muore gli si allunga la vita. Il giorno di San Pietro tornai in licenza per la mietitura del grano. Quel giorno si correva il Giro del Piemonte. Arrivai a casa e ci diedero la notizia. Serse era Serse, la nostra chioccia…”.
Sergio e Piero, cugini di Fausto e Serse Coppi
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“Sono un montanaro, mi piace andare a camminare e fare le foto, mio papà era alpino e io lo accompagnavo nei suoi giri. Guardo poco il Giro d’Italia, lo guardo oggi perché passa di qui. Ne approfitterò per fare delle foto ai ciclisti, andrò in un punto strategico, dall’alto, così potrò prenderli un po’ tutti.”
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“I miei primi ricordi del giro sono legati a Contador. Vinceva, ma io non tifavo per lui purtroppo”.
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