Giro Archives | Pagina 6 di 21 | #StorieDalGiro

Seguiamo i mariti che hanno la passione per il ciclismo

“Veniamo dalla Toscana, tutti gli anni seguiamo il Giro… seguiamo i mariti che hanno la passione per il ciclismo. Siamo state anche a Richmond, negli Stati Uniti, per i mondiali. Una volta il Giro era semplice, era meno conosciuto. Adesso c’è tutto il mondo.”

La storia del Giro è raccontata anche dalla gente

“Ho fatto il primo Giro nel 1979, dal ’86 li ho fatti tutti in moto e ho visto tutta l’Italia. Ora che c’è mio figlio in moto, io vado a cercare quelle foto un po’ particolari, quelle che in corsa rischi sempre di fare meno. La storia del Giro è raccontata anche dalla gente, dal paesaggio anche perché, a differenza del Tour, l’Italia ha dei paesaggi stupendi. Questo lavoro mi ha permesso di conoscere l’Italia, la gente e di essere apprezzato per le mie immagini. Seguire il Giro è anche libertà, come ora, qui sullo Stelvio: ti senti libero, vedi ovunque e il bello è riuscire a fare un’immagine fotografica che racconti tutto questo. Ricordo il primo Gavia che abbiamo fatto, era il terzo anno che seguivo il Giro in moto, ero ancora inesperto e ci siamo trovati sulla montagna con la strada tutta innevata. C’erano ancora le pellicole e facevo fatica a cambiare i rullini con le mani ghiacciate. Ci siamo trovati, senza rendercene conto, nella storia del Giro”.

Roberto Bettini, fotografo storico del Giro d’Italia

Sono un ex atleta, un ex maratoneta

“Sono il più anziano del gruppo e sono un ex atleta, un ex maratoneta; ho vinto due titoli italiani di maratona e sono stato capitano della squadra campione del mondo di maratona a Seul nel 1987 e ottavo a quella di New York e oggi sono qua a fare il tifo per il Giro d’Italia. Oggi siamo tutti amici: l’agonismo è importante, però il gruppo fa piacere. Quando trovi tanta gente che ti aspetta e ti incita, è uno stimolo in più per andare avanti…a volte non senti la fatica. Come i corridori quando arrivano al GPM, nella maratona, ci sono dei momenti di crisi, ma il pubblico ti aiuta a superarli. E’ una cosa incredibile!”

Sono andato da Reggio Emilia a Capo Nord

“25 anni fa sono andato da Reggio Emilia a Capo Nord e ritorno. Allora correvo come amatore nella squadra di Reverberi, che adesso è Bardiani-CSF. Ho fatto un po’ di dilettante ma poi ho smesso e ho cominciato a lavorare ma la passione è rimasta. Sono stato fermo un mese perché ho rotto un dito, ma i miei 4.000 km li ho già fatti. Ora che sono in pensione ho tempo per girare e non ho nessun altro sport, mi piace la bicicletta: mi confronto con gli altri e con me stesso. A Reggio Emilia ho visto l’arrivo e la partenza: i professionisti mi danno l’emozione unica che loro vanno disumanamente e io sono sempre fermo”.

Ne ho viste tante durante il giro

“Ne ho viste tante durante il Giro: ricordo quando Pantani ha fatto la scalata a Montecampione: si sentiva salire, si sentiva la montagna che batteva, tremava. Si sentiva proprio il rumore della gente. Non si riusciva a passare a piedi da tanta gente. E’ stato il top.

Poi, non ricordo se era il 2014, noi eravamo giù, c’era la tappa Gavia Stelvio.. c’era tanta neve. Non ci volevano far salire al Gavia e allora noi abbiamo fatto un altro giro per prendere lo Stelvio, eravamo solo noi in strada. Poi, purtroppo però, la tappa è stata annullata”.

Sono venuta a trovare il mio ragazzo

“Sono venuta a trovare il mio ragazzo che lavora per il Giro d’Italia. Non seguo molto il ciclismo ma ricordo Cippollini e Bettini da quando ero piccola. Una volta mi è capitato di vedere l’ultima tappa di un Giro perché è passato vicino a casa mia, a Milano. Quest’anno da italiana tiferò per Nibali!”.

La scintilla che ha fatto scattare questa passione

“Da qualche anno a questa parte il ciclismo mi ha preso sempre più, lo seguo e lo pratico. Faccio tanti chilometri insieme ad altri “giovani vecchi” di una certa età. Di solito pedaliamo nei dintorni di Milano, verso Pavia, Morimondo…ogni tanto andiamo a fare qualche salitina, ma a 60 anni bisogna saper moderare le prestazioni, anche se il mio sogno è fare la 9 colli l’anno prossimo. Per me il Giro è il Panta, non ce n’è come lui, è stata la scintilla che mi ha fatto scattare questa passione”.

Quello era il modo in cui vivevo il giro

“Sono innamorato del ciclismo da quando ho 15 anni e seguo il Giro da quando ne ho 16. I primi li seguivo in bicicletta, poi, una volta presa la patente, ho potuto allungare le distanze. L’idea è sempre stata quella di seguirlo in tenda, dormendo sui passi. Nel 2004, insieme a un amico e alle rispettive ragazze e al mio cane, decidemmo di dormire in tenda in cima al Gavia a 2600 mt. Caso volle che quella notte ci fu una tormenta di neve. Arrivammo verso mezzanotte, senza catene, slittando a destra e manca. Ci fermammo a 1 chilometro e mezzo dall’arrivo e in qualche modo fissammo le tende e ci buttammo dentro, usando il cane come calorifero naturale. Alla mattina ci alzammo con 30 cm di neve e realizzammo di aver fissato la tenda a 10 cm da un burrone. L’ho fatto per diversi anni, quello era il modo in cui vivevo il giro fino a qualche anno fa. Poi mi sono imborghesito e ora sono costretto a seguirlo da qui. La passione è ancora tanta però”.

Il contatto con la natura, il senso di libertà

“Io sono di Firenze, lei di Milano. Così siam riusciti a vedere le tappe a Firenze, qui, e andremo a vedere il gran finale a Milano. Il ciclismo ci piace per il contatto con la natura e il senso di libertà”.

“Sono qui al Giro perché il ciclismo è uno sport bellissimo. Ti circonda di persone con cui condividere impressioni, sacrifici e sorrisi. Adoro anche il rugby, un altro sport che genera un senso di comunità. Da tifoso ricordo Pantani; per me rappresenta il ciclismo. Le sue imprese in salita simboleggiano la fatica compiuta per raggiungere gli obiettivi. Poi, dopo l’impegno profuso, puoi rilassarti in discesa.”

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“Sono cileno, ho vissuto 34 anni in Spagna. Seguo tutto: il Giro, il Tour, la Vuelta. Ho iniziato con la Vuelta nel 1989, il mio primo Giro, invece, risale al 1994. Sono qui per lavorare. Cominciò tutto quando, anni fa, scattai una foto ad un corridore, costruendo poi una piccola bicicletta come cornice. A Natale lui mi contattò chiedendomi di fargliene avere 1.000. Le avrebbe poi autografate e regalate. Da lì ho proseguito quest’attività; mi conoscono tutti, sono sempre in mezzo alla gente. Ho seguito tanti campioni del passato. Tra loro detiene un posto speciale Indurain. Un gran signore che saluta sempre ed è davvero gentilissimo.”

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“Siamo tutte di Gualdo Tadino, quest’anno il Giro d’Italia è arrivato proprio a casa nostra. Oggi c’è aria di festa. C’è così tanta allegria che ci siamo distratte e non abbiamo nemmeno visto passare la Corsa. Guardando indietro nel tempo non possiamo non ricordare Adolfo Leoni, campione del passato e nostro compaesano. Invece chi ci ha fatto emozionare maggiormente è stato Pantani. Le sue imprese in salita resteranno per sempre memorabili.”

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“Sono originario di Gualdo Tadino ma ho vissuto per 40 anni in Germania. In occasione del Giro d’Italia, esultavo con gli altri italiani quando Pantani batteva Jan Ullrich. Quando uscì lo scandalo su di lui piansi per giorni. Per me il ciclismo è sinonimo di libertà. Permette di scoprire delle bellezze che altrimenti non vedresti. È anche un gioco di squadra. Se non hai un buon gregario non vai da nessuna parte.”

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“Il mio nome d’arte è Drumbo. Sono bergamasco ma mi sono trasferito a Roma da qualche anno. Suono la batteria da quando sono piccolo e da un anno mi esibisco per le strade suonando pentole e bidoni. Mi sono aggregato al popolo del Giro d’Italia, sfruttando l’occasione di suonare davanti ad un pubblico tanto numeroso. Amo la bicicletta e ho sempre seguito la Corsa Rosa. Il mio ricordo più significativo risale a 10 anni fa quando, con la mia fidanzata, mi appostai a Passo San Marco per vedere il Giro. Inizialmente eravamo io e lei. Poi si è creata una vera e propria compagnia: tante persone, unite tutte dalla stessa passione. È stato bellissimo. Ricordo anche la malinconia che provavo da piccolo alla fine del Tour De France. Lì capivo che le mie adorate vacanze estive erano ormai al giro di boa.”

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“Siamo qui appostati per vedere il Giro d’Italia, arriviamo da Lecce. Siamo appassionati di ciclismo in tutte le sue forme: dalla mountain bike allo spinning. Ci offre la possibilità di entrare in contatto con la natura, in special modo con le montagne. Mio papà era invalido e non potendo andare in bicicletta organizzava le gare. Anche io aderivo, eravamo 40 ragazzi. Chi non aveva la bici ben pulita e lucidata non aveva il permesso di gareggiare.”

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“Dalla storica foto di Bartali e Coppi ho ottenuto questo quadro. Ritrae i due campioni al Tour de France mentre si scambiano una bottiglia di due litri. Non è una borraccia, mi sono documentato! Sono nato Bartaliano poi mi sono appassionato a Gimondi e Moser. Oggi non ho preferenze, faccio il tifo per tutti! Preferisco il ciclismo al calcio, è più puro e genuino.”

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“Quest’albero l’ho potato io, ha la forma di una persona. Lo addobberò con tanti nastri rosa. Ho appeso anche una bandiera risalente al Giro d’Italia del 2016. Ogni volta che la Corsa passa da qui ne approfitto per raccogliere gadget che poi conservo. Roccaraso è abituata ad essere città di tappa. Ho tantissimi ricordi in merito: su tutti spiccano le imprese di Panizza e Battaglin.”

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“Il Giro d’Italia è passato spesso per Roccaraso. Era una tappa decisiva per la vittoria finale. Spesso chi vinceva la Maglia Rosa qui, era destinato a portarla fino alla fine. Soprattutto grazie alla salita del Macerone, una delle più provanti dell’intera competizione. Mi ricordo dell’avvincente sprint tra Panizza e Hinault. Miro vinse la tappa e vestì la Maglia Rosa. Poi la riperse ma fu molto emozionante.”

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