“Non sono un ciclista, uso questa solo per spostarmi, però sono venuto apposta per il giro. Mi sono appassionato guardandolo alla TV. Seguendo le tappe finisci col chiederti, ma chi me lo fa fare di andare in giro per il mondo con tutta la bellezza che abbiamo nel nostro paese?”.
“Tutte le società di ciclismo della zona han portato i ragazzini qui a fare la gimkana e dopo vedremo l’arrivo di tappa. Passare sotto il traguardo, tutti con le maglie uguali è stata una bella emozione. Prima seguivo i ragazzi un po’ più grandi, ma ora, andando avanti con l’età, ho capito che proprio i più piccoli han bisogno di qualcuno che li segua”.
” Il nonno praticamente mi obbligava a vedere il Giro, non posso dire che fosse proprio un piacere”.
“Ero militare a Montorio Veronese, a 7km da Verona. Nel ’51 nella sola Verona c’erano circa 15 mila soldati, in 7 mila eravamo di stanza a Montorio. Quel giorno ci diedero il permesso per andare a veder passare il giro. Da Verona ad andare a Vicenza, noi soldati eravamo tutti schierati ai lati della strada per vedere passare il gruppo. Quando sono arrivati andavano veloce, perché lì è pianura. Allora io guardo e guardo ma non riesco a vederlo, ché la bianchi era tutta rintanata in mezzo al gruppo. Non son riuscito a vederli, né lui né Serse. Poi a un certo punto mi son sentito chiamare: “Sergio!”. Mi aveva riconosciuto, nonostante fossimo tutti vestiti allo stesso modo. Sapeva che ero lì. Lui era un fenomeno in tutti i campi. “Ciao Faustino!” gli gridai di rimando, perché per noi lui era Faustino. Dopo 15 giorni, sognai che era morto Serse, ma io non mi allarmai che quando si sogna uno che muore gli si allunga la vita. Il giorno di San Pietro tornai in licenza per la mietitura del grano. Quel giorno si correva il Giro del Piemonte. Arrivai a casa e ci diedero la notizia. Serse era Serse, la nostra chioccia…”.
Sergio e Piero, cugini di Fausto e Serse Coppi
“Sono un montanaro, mi piace andare a camminare e fare le foto, mio papà era alpino e io lo accompagnavo nei suoi giri. Guardo poco il Giro d’Italia, lo guardo oggi perché passa di qui. Ne approfitterò per fare delle foto ai ciclisti, andrò in un punto strategico, dall’alto, così potrò prenderli un po’ tutti.”
“I miei primi ricordi del giro sono legati a Contador. Vinceva, ma io non tifavo per lui purtroppo”.
“Lavoro per il Giro e ormai è diventata una droga! E’ il mio quarto Giro d’Italia, è un ambiente bellissimo, ci sono persone meravigliose, il pubblico è calorosissimo, non solo per i corridori, ma per tutta la carovana e gli addetti ai lavori.”
“Questa storicamente era una “zona rossa”, Bartali era cattolico, era il democristiano, mentre Coppi era il comunista. Coppi per me era una leggenda, questa figura curva, china sul manubrio, che scappava: sembrava un trampoliere, però in bicicletta era elegantissimo e quando partiva…Poi la leggenda di Fausto si connotò di questa “allure”… come dire? Tragica? Io frequentavo la parrocchia e mi dicevano che fornicava con la Dama Bianca”. Poi ho capito che non fosse proprio così ma che in realtà lui amava, e l’amore perdona tutto”.
“Avevo questa bicicletta del papà in cantina, appesa a un chiodo. Volevo metterla a posto per andarci in stazione la mattina. Ho iniziato a pulirla e ho visto i componenti tutti lucidi e puliti. Là è iniziata la passione. Ho corteggiato questa bici più di quanto abbia corteggiato mia moglie, ci ho messo quasi 3 anni prima di convincerlo a cedermela. Ci sono anche andato in chiesa il giorno in cui mi sono sposato. Ci sono arrivato all’altare, con le mollette ai pantaloni. Poi ho sposato mia moglie eh, non la bici…”

“Mio nonno era un grande tifoso del Giro d’Italia e ha trasmesso questo amore prima a mio padre e poi a me. Non ho mai avuto occasione di seguire le tappe dal vivo, questa è la prima volta. Sono molto contento che quest’anno il Giro sia passato dalla Sicilia. Questi atleti compiono grandi sacrifici per giungere al traguardo. Impegnarsi per ottenere un risultato è il più grande insegnamento dello sport.”
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“Sono australiano, questo è il ventesimo Giro d’Italia che seguo dal vivo. Ho iniziato nel 1999, quando la corsa partì da Agrigento. Penso che questo sarà l’ultimo Giro a cui assito perché l’anno prossimo compio 75 anni e pedalare su queste strade è bellissimo ma molto impegnativo.”
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“Molti tifosi sono accorsi qui per il Giro d’Italia. I turisti, però, guardano il pesce ma non lo comprano. Qui vendiamo soprattutto agli abitanti locali.”
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“Siamo qui per vedere l‘arrivo del Giro d’Italia e per tifare Aru. Io sono appassionato di calcio ma da una decina d’anni mi sono avvicinato alle due ruote e faccio gare amatoriali in mountain bike con una squadra. Con la mia fidanzata pedalo in riva al mare. Per me, infatti, il ciclismo è sinonimo di libertà e contatto con la natura. Mi ricordo quando il Giro attraversò Modica. I ciclisti passarono proprio sotto la finestra di mia nonna.”
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“Abito a Caltagirone. Per l’arrivo della corsa mi sono vestita da Giro d’Italia: tutta in rosa!”
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“Questa è la bandiera della Regione Siciliana. Rappresenta la nostra autonomia e il nostro orgoglio. So che potremmo fare molto di più. Eventi come il Giro d’Italia ci permettono di dimostrarci attivi e dinamici. Mi ricordo quando il Giro passò da Caltagirone nel 1976. A quei tempi la pubblicità si faceva tramite scritte di vernice bianca sui muri. Ne ho in mente una in particolare: “Viva Gimondi, viva Baronchelli”. Poi il Giro passò da qui anche nel 1986 e nel 1992. Oggi vedere Caltagirone come città di tappa mi riempie di emozione e gioia.”
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“Gestisco questo ristorante insieme ai miei figli: la nostra è una cucina tutta a base di pesce. In passato ho fatto l’attore, adesso mi continuo a divertire suonando canzoni tradizionali con il tamburello siciliano. Mi ricordo il Giro d’Italia del 1954 quando passò per la Sicilia. Io avevo 18 anni. Dei campioni del passato il mio preferito è Merckx, indubbiamente il più forte.”
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“Questa è una vecchia farmacia e abbiamo raccolto tanti reperti della tradizione siciliana: c’è un corno da parata, ci sono le ceramiche e il vino. In questo quadro sono ritratte le donne che lavoravano durante la vendemmia: si caricavano sul capo dei cesti di 30 kg ciascuno. Venivano pagate in base al numero di viaggi che facevano per trasportare l’uva. Era l’inizio del Novecento, tempi duri. Tutt’altra atmosfera di quella legata al Giro d’Italia che è capace di affascinare tutti, soprattutto i bambini. È come una giostra, felicità pura. La sua capacità di unire le persone rappresenta il suo significato più vero.”
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“Da piccolo io e gli altri bambini facevamo le gare in bicicletta per vedere chi arrivava primo. Il nostro idolo era Pantani. Mi è dispiaciuto molto quando è stato protagonista di quello scandalo. Hanno offuscato un campione che ha dimostrato sulle strade tutto il suo valore. Per me il ciclismo rimane uno dei pochi sport che conserva un’immagine intatta e pulita.”
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