“Noi adoriamo l’Italia. Lui è venuto al giro per la prima volta e vederlo indossare la prima Maglia rosa è stata un’emozione grandissima”.
Sabine Maria mamma di Lukas Pöstlberger – Bora – Hansgrohe
“Noi adoriamo l’Italia. Lui è venuto al giro per la prima volta e vederlo indossare la prima Maglia rosa è stata un’emozione grandissima”.
Sabine Maria mamma di Lukas Pöstlberger – Bora – Hansgrohe
“Non siamo appassionati di ciclismo, giochiamo a calcio, ma il giro è un po’ come quando gioca la Nazionale. Unisce tutti e sono tutti davanti alla TV per guardarla, non puoi farne a meno.”
“Il giro festeggia 100 anni, oggi è la tappa dedicata al Sagrantino Montefalco e noi festeggiamo i 25 anni della DOCG di questo meraviglioso vino. La città è meravigliosa, tutta in rosa e credo che abbiamo omaggiato il giro nel miglior modo possibile. Era doveroso indossare questa giacca. E’ una giornata di festa, speriamo vada tutto bene e che tutto il mondo possa vedere questo meraviglioso territorio. Vedete il giro ha questo ruolo fondamentale, questa capacità di far scoprire le bellezze del nostro paese. Il ciclismo poi, è veramente come il filo che unisce tutto questo”.
“Sono un appassionato, non potrebbe essere altrimenti. Mio figlio correva a livello agonistico fino ai juniores e poi nei dilettanti. Gli facevo un po’ da allenatore, da manager, da preparatore. Ora ha smesso, ha 34 anni, ma correva con Nibali. Son soddisfazioni”.
“Quando vedo il giro penso sempre a mio nonno. Era un grande appassionato di ciclismo. Qualche anno fa passarono davanti a casa nostra e lui era lì fuori a esortare tutti i corridori. Con il giro la mente va all’infanzia. Inevitabilmente. Noi facciamo parte del corteo dell’ente Giostra Quintana di Foligno, faremo la premiazione all’arrivo ma non saremo vestiti così, indosseremo degli abiti rinascimentali.”
“Noi siamo una squadra, a noi piace la salita, è una cosa fantastica. Questa scritta l’abbiamo fatta per la nostra terra, l’Abruzzo. Abbiamo avuto un po’ di vicissitudini ma si riparte. Piano, piano”.
“Vengo da Napoli, mia moglie avrebbe dovuto seguirmi in macchina, ma purtroppo non l’hanno fatta salire con l’auto. Sono un appassionato, tifoso è una parola che non mi piace, non si adatta bene al ciclismo, per me il tifo è una forma di fondamentalismo, non mi fa impazzire. Chiaro, se vince Nibali mi fa piacere, ma il bello della bicicletta è che vince comunque il più forte, la bici non mente”.
“Il mio fidanzato lavora con la RAI e io ne approfitto per seguire il Giro. Ora dovrò andare qualche giorno a Roma per lavoro, ma poi torno”.
“Da ragazzino ero rapito dall’eterna lotta tra il Cannibale e Gimondi. Sono 2 figure che mi hanno colpito molto e a cui ripenso sempre quando guardo il Giro. Provo a immaginare cosa potrebbero fare quei 2 mostri sacri oggi con la tecnologia, le comunicazioni con la squadra e tutto il resto. Di solito la corsa la guardiamo in Tv, ma oggi era vicino a dove abitiamo e così siamo venuti di persona. Ne abbiamo approfittato per fare un’escursione a piedi, abbiamo fatto già una decina di chilometri. Siamo partiti stamattina e poi rientreremo prima che faccia buio.”
“Ci conosciamo da 30 anni e da 30 anni ci sopportiamo a vicenda. Condividiamo tutte lepassioni, tutti gli sport. Iniziamo sempre insieme. L’abbiamo fatto anche con la bici”.
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“Non gareggio, ma per passione giro nelle colline qua attorno. Da piccolino vedevo mio papà andare spesso in bici, credo sia nata lì la passione”.
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“All’inizio non volevo confondere le mie passioni col business. Poi un collaboratore mi convinse e diventammo sponsor del Giro d’Italia. Non vedevo l’ora che me lo proponessero. Amo il Giro. Amo il ciclismo. Il ciclismo è uno sport vero, per uomini veri. Occorre avere una predisposizione alla sofferenza che raramente puoi ritrovare in altri sport. Nel ciclismo si corre tutti i giorni, e tutti i giorni si riparte da zero. Ricordo quando Coppi cadde, nel ’50 e si ruppe la clavicola. Dovette lasciare il Giro. Aveva fatto un inizio di stagione favoloso, vincendo la Parigi –Roubaix, staccando tutti. Era in formissima. C’era questo suo compagno di prigionia in Africa che abitava nel mio paese, a Tombolo, era un suo tifoso e lo aspettava in cima al Pordoi. Quando arrivò via radio la notizia che Coppi fosse caduto lui si allontanò. Lo cercavano tutti: “Dov’è Albano? Dov’è Albano?” Lo videro in mezzo alla neve. Un puntino. Andarono a chiamarlo, ma l’unica cosa che disse fu: “Lasciatemi morire qui.”
Ennio Doris, Presidente di Banca Mediolanum
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“Lei mi regalò una bicicletta per Natale, anni fa, poi la passione è continuata al punto che tuttora ci vado a lavoro e ci faccio le uscite giornaliere. Ci siamo addirittura trasferiti per poter andare a lavoro in bici. Quando esco in bici le mando le foto di dove arrivo, anche solo del cartello col nome del paese. Quando lei è a lavoro mi porto la bici in casa e la lucido. Ho studiato anche i libri di meccanica per sistemare la bici. E’ tutta colpa sua, e di Bartali. Mi sono appassionato quando ho scoperto che nascondeva i documenti nel telaio della bici per aiutare le persone. Da lì è stato facile innamorarsi del giro d’Italia”.
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“Siamo ciclisti amatoriali. Avevamo intenzione di salire con i motorini, ma per fortuna non lo abbiamo fatto. Abbiamo incontrato persone da tutta italia, da tutto il mondo, persino dall’Australia. A metà strada ci hanno offerto vino e salsiccia. E’ stato bellissimo! Siamo saliti fino a qui e ci sembrava di aver fatto un’impresa, poi abbiamo visto un ragazzo salire con la bici da passeggio. Incredibile.”
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“La mia storia comincia nel 1983. Venni in Italia a correre in bicicletta. Sono stato un paio di anni a fare il corridore a Milano, per la Guercioli. Poi non passai professionista e smisi di correre. Quello stesso anno mi sono laureato in educazione fisica ed entrai a lavorare con una squadra di ciclismo francese. Qualche anno dopo, a d un giro di Catalunya conobbi Maurizio Fondriest e poco tempo dopo lui mi chiese di lavorare con lui. Venni qui a Cles e cominciai a fare un po’ di tutto per lui, dal massaggiatore al procuratore, fino all’88, quando divenne Campione del Mondo. Poi le nostre strade si divisero, io tornai in Cile, ma fu solo una separazione professionale. Siamo amici da 30 anni, siamo amici da sempre.”
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“Sono in attesa dei corridori. Ci vorrà un po’, ma mi sono attrezzato bene”.
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“Le montagne hanno una storia. Prendi questa. Qua sopra c’è una cava di marmo rosso. Se ci fai caso vedrai dei pezzi di legno lungo il crinale perché, fino a quasi 20 anni fa facevano scivolare, da 1500 metri di altitudine fino a qua, questi enormi pezzi di marmo rosso. Ora la vegetazione ha coperto tutto, il marmo si porta giù coi camion. Sono tornati anche gli orsi. Ecco, il giro ha la capacità unica di raccontare le storie delle montagne: lo Zoncolan, il Mortirolo, lo Stelvio, montagne epiche, con una storia”.
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“Siamo partiti stamattina, con calma. Abbiamo fatto la salita in macchina. Ora ho trovato questa postazione tattica. Speriamo di non vederli salire con gli occhi di fuori. Il Giro mi ricorda mia madre, per lei era sacro, rappresentava ciò che mi ha insegnato: il sacrificio”.
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