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“Questo è un lavoro che si tramanda di padre in figlio. Io ho cominciato a lavorare a dieci anni, per me era un divertimento ma cercavo di apprendere tutti i segreti di mio nonno e di mio padre. È un lavoro di concentrazione perché si lavora tutto a mano e al contrario: come se il pittore tenesse fermo il pennello e muovesse la tela. Per il trofeo della maglia azzurra ho voluto unire tre elementi: una colonna simbolo di solidità, un cerchio che rappresenta il Giro d’Italia e una sfera, simbolo di perfezione. Tutti i tagli molati sulla sfera sono gli scatti dello scalatore che va in montagna.” Marco Varisco, Incisore
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”Vedo che tutti quanti mi fotografano, mi riprendono e mi fa piacere. Ma io seguivo la boxe con una organizzazione di Mestre, non il ciclismo. Dovevo rialzare i pugili che andavano KO sul ring. In quel periodo venivano a vedere gli incontri Frank Sinatra, Gino Bramieri, Walter Chiari. Speriamo che oggi non ci sia da rimettere in piedi nessuno!”
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“Sono il papà di Eugert Zhupa della Wilier Southeast. Seguo mio figlio lungo tutto il giro; è bello vederlo correre ma quando cade non mi piace. Quando era piccolo io volevo che giocasse a pallone perché, quando cadeva, tornava a casa tutto insanguinato e noi volevamo che smettesse”. Eugert Zhupa è il primo corridore albanese nella storia del Giro d’Italia
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“Io sono un collezionista di biciclette Legnano, il ciclismo lo vivo solo per interesse collezionistico. Mi piace andare a vedere l’Eroica ma non pedalo, farò 50 km l’anno. Sono 20 anni che le colleziono ma non mi ricordo perché. Questa bici funziona: pedala e frena e a me basta così.”
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“Sono colombiana, vivo in Italia da 20 anni. Faccio parte delle Ancelle Missionarie del Santissimo Sacramento ma oggi sono in veste di tifosa. Mio padre era super appassionato di ciclismo e penso di averlo nel sangue anche io. Seguo sempre il giro in televisione: faccio la preghiera e vado a vedere il Giro.”
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“Io sono italiano e amo il nostro paese. Ho 82 anni, ascoltavo il Giro con la radio, adesso con la televisione è migliorato un bel po’.Mi piaceva andare a vedere Coppi in montagna: sul Pordoi, il Falzarego, il Sella…Allora era più genuino ma sono bravi anche adesso. Speriamo che salti fuori un Pantani, un Gimondi…un Merckx, ma è difficile. Ci vuole uno che scatti e prosegua!”
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”Ho stretto la mano a Coppi quattro mesi prima che morisse, nella pista di Pisa. Era l’agosto del 1959, o forse settembre. Durante la gara riuscii ad entrare in pista, Coppi forò e gli portai fuori la bicicletta, poi mi strinse la mano e allora gli chiesi una foto insieme: la conservo ancora gelosamente. Purtroppo il fotografo fece male la foto e mi tagliò un pezzetto di testa.”
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“Faccio l’allevatore qui a Pontechianale e tempo permettendo svolgo tutti i vari sport di alta montagna. Nel mio lavoro non ci sono sabati ne domeniche ne festività. Ogni anno nascono fino a sessanta mucche. La nascita è sempre un evento e ogni vitellino che nasce ha un nome. Siamo ai piedi di uno dei passi ciclistici più alti d’Europa e forse questo potrà portarci un po’ di turismo se ce la giochiamo bene…”
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“Sto aspettando il Giro d’Italia. Ho già visto la Carovana del Giro, rumorosissima, molto bella. Adesso aspetto il passaggio dei corridori. Appena arriva il primo ciclista faccio volare i palloncini che ho appeso e stappo la bottiglia di champagne perché questa è l’occasione giusta.”
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