“I vestiti rosa? Una coincidenza, non sono un’appassionata. Sono originaria di Parma, mia nonna però era imparentata con Vittorio Adorni. Per me il giro era lei che mi diceva: “Guarda, il figlio di mia cugina”
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“Il giro è una cosa che riguarda un po’ tutti”.
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“Quando faceva il garzone di bottega, lavorava nella salumeria di un mio prozio. Mio padre, 2 anni più giovane di lui, faceva il garzone in una bottega lì vicino. Al mattino, scendendo dal paese, passava dalla salumeria a prendere qualcosa da mangiare, ed è così che si conobbero. Poi presero strade diverse. Anni dopo, io avrò avuto 6, 7 anni, Coppi venne, con altri corridori, a fare questa kermesse all’ippodromo di Novi. Io li ricordò lì, come se fosse un sogno. Questi 2 uomini abbracciarsi e parlare. Poi Fausto venne da me, mi mise una mano sulla testa, come si fa di solito coi bambini, e mi chiese cosa poteva fare per me. Io gli chiesi se per favore poteva farmi fare un autografo da Charlie Gaul. Lui si mise a ridere e lo chiamò. Non lo vidi più, ma un paio di volte all’anno accompagnavo mio padre a Castellania per portargli dei fiori. In una di queste occasioni, poteva essere il ’97, passammo davanti alla casa che era in uno stato penoso e mio papà mi disse: “Lui sarebbe contento se qualcuno la sistemasse”. Io, che l’anno prima avevo fondato insieme ad altri commercianti della zona, un consorzio turistico che poi prese il nome di “Terra di Fausto Coppi”, fui costretto a promettere davanti alla porta di questa casa che qualcosa avrei fatto. Quando sistemammo la casa mettemmo da parte alcuni mattoni, per me rappresentano l’essenza di questa casa, sono il pezzo cui tengo di più”.
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“Non sono un ciclista, uso questa solo per spostarmi, però sono venuto apposta per il giro. Mi sono appassionato guardandolo alla TV. Seguendo le tappe finisci col chiederti, ma chi me lo fa fare di andare in giro per il mondo con tutta la bellezza che abbiamo nel nostro paese?”.
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“Tutte le società di ciclismo della zona han portato i ragazzini qui a fare la gimkana e dopo vedremo l’arrivo di tappa. Passare sotto il traguardo, tutti con le maglie uguali è stata una bella emozione. Prima seguivo i ragazzi un po’ più grandi, ma ora, andando avanti con l’età, ho capito che proprio i più piccoli han bisogno di qualcuno che li segua”.
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” Il nonno praticamente mi obbligava a vedere il Giro, non posso dire che fosse proprio un piacere”.
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“Ero militare a Montorio Veronese, a 7km da Verona. Nel ’51 nella sola Verona c’erano circa 15 mila soldati, in 7 mila eravamo di stanza a Montorio. Quel giorno ci diedero il permesso per andare a veder passare il giro. Da Verona ad andare a Vicenza, noi soldati eravamo tutti schierati ai lati della strada per vedere passare il gruppo. Quando sono arrivati andavano veloce, perché lì è pianura. Allora io guardo e guardo ma non riesco a vederlo, ché la bianchi era tutta rintanata in mezzo al gruppo. Non son riuscito a vederli, né lui né Serse. Poi a un certo punto mi son sentito chiamare: “Sergio!”. Mi aveva riconosciuto, nonostante fossimo tutti vestiti allo stesso modo. Sapeva che ero lì. Lui era un fenomeno in tutti i campi. “Ciao Faustino!” gli gridai di rimando, perché per noi lui era Faustino. Dopo 15 giorni, sognai che era morto Serse, ma io non mi allarmai che quando si sogna uno che muore gli si allunga la vita. Il giorno di San Pietro tornai in licenza per la mietitura del grano. Quel giorno si correva il Giro del Piemonte. Arrivai a casa e ci diedero la notizia. Serse era Serse, la nostra chioccia…”.
Sergio e Piero, cugini di Fausto e Serse Coppi
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“Sono un montanaro, mi piace andare a camminare e fare le foto, mio papà era alpino e io lo accompagnavo nei suoi giri. Guardo poco il Giro d’Italia, lo guardo oggi perché passa di qui. Ne approfitterò per fare delle foto ai ciclisti, andrò in un punto strategico, dall’alto, così potrò prenderli un po’ tutti.”
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“I miei primi ricordi del giro sono legati a Contador. Vinceva, ma io non tifavo per lui purtroppo”.
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