Storie | #StorieDalGiro

Abbiamo una storia
e delle storie da raccontare

“Il giro è arrivato alla centesima edizione. Ha una storia incredibile. Siamo cresciuti tutti con la passione del Giro e tutti aspettavamo maggio nella speranza che gli organizzatori avessero portato una tappa del percorso vicino casa. E’ sempre stato un passaggio fondamentale nella vita degli italiani, non solo degli appassionati di ciclismo o di chi correva come me. Io ricordo ancora i primi confronti/scontri tra Moser e Saronni. Ricordo le loro battaglie e io crescevo ispirandomi a loro. Ora siamo qua, dopo le nostre lunghe carriere a vivere, seppur in maniera diversa, il giro lungo quelli stessi paesi, le stesse strade che ci hanno visto  protagonisti. Pochi giorni fa, ad esempio, siamo passati dalla Calabria, che mi vide indossare la Maglia Rosa, io che il giro non l’ho mai vinto. La soddisfazione, però, di portarmi quella maglia fino in Toscana, da Grosseto a Pistoia, e indossarla davanti alla mia gente, ai miei tifosi, fu immensa. Il Giro è questo: emozione. E’una grande festa popolare  perché non siamo noi a dover andare a cercare il giro, ma è la corsa in rosa che viene da noi. Siamo qui e alla gente basta aprire una finestra per trovarsi magicamente sulle strade della corsa più dura del mondo nel paese più bello del mondo”.

Paolo Bettini – campione olimpico su strada ai Giochi di Atene 2004 e campione del mondo 2006 e 2007

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“Ero presidente della società sportiva dove correva Gino Bartali da giovane. Siamo diventati molto amici, lo frequentavo quotidianamente, sempre, dal giorno in cui ci siamo conosciuti fino all’ultimo. Io ero lì. Era il 1987 quando pensai di dedicargli un museo perché lui non era solo un grande campione, era un grande uomo: dolce, scorbutico perché diceva sempre quello che c’era da dire, e sincero,  veramente molto sincero. Mi venne questa idea del museo, ma lui non voleva. Non voleva raccontare degli ebrei. Dopo tanti anni ancora non voleva essere scoperto. Lui il museo non lo voleva. Disse “va bene” solo a patto che si fossero raccontate anche le storie di chi andava sì più piano di lui, ma facendo più fatica. Perché la fatica è il valore. Allora facemmo il Museo del ciclismo, con la storia del ciclismo e della bicicletta. Abbiamo cercato di mettere qui quello che Gino avrebbe voluto. Moser ci regalò la ruota lenticolare del record dell’ora, Alfredo Martini la Maglia Rosa che indossò per un solo giorno nel lontano 1950. Nel 1990 Bartali mi diede le sue tessere da corridore, dove c’è ancora scritto Società Sportiva Aquila. Quello è il pezzo del museo che ho sempre sentito un po’ più mio, ma ciò che resterà sempre nel mio cuore è il rapporto che avevo con lui. Quello che sto facendo, se sono ancora qui, dopo 2 interventi al cuore, è perché venga rispettata la volontà di Gino. Noi non eravamo amici, di più. Aveva 3 figli, forse io ero il quarto”.

Andrea Bresci, museo del ciclismo di Ponte a Ema

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“Abito qui. Vado in bici su queste strade. Non è semplice”.

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“Vengo dagli Stati Uniti, sono una fotografa. Ho appena fatto gli ultimi 20 km della corsa ed è stato fantastico. Negli Stati Uniti fanno vedere solo il tour. Conoscevo solo quello ed ero una gran tifosa di Greg LeMond. Poi ho scoperto il Giro nel 2005, quando vinse Paolo Savoldelli. Ora abito in Italia, a Bassano del grappa. Adoro l’Italia e Bassano è perfetta per andare in bici. E’ colpa del giro se mi sono trasferita qui”.

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“Noi adoriamo l’Italia. Lui è venuto al giro per la prima volta e vederlo indossare la prima Maglia rosa è stata un’emozione grandissima”.

 

Sabine Maria mamma di Lukas Pöstlberger – Bora – Hansgrohe

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“Non siamo appassionati di ciclismo, giochiamo a calcio, ma il giro è un po’ come quando gioca la Nazionale. Unisce tutti e sono tutti davanti alla TV per guardarla, non puoi farne a meno.”

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“Il giro festeggia 100 anni, oggi è la tappa dedicata al Sagrantino Montefalco e noi festeggiamo i 25 anni della DOCG di questo meraviglioso vino. La città è meravigliosa, tutta in rosa e credo che abbiamo omaggiato il giro nel miglior modo possibile. Era doveroso indossare questa giacca. E’ una giornata di festa, speriamo vada tutto bene e che tutto il mondo possa vedere questo meraviglioso territorio. Vedete il giro ha questo ruolo fondamentale, questa capacità di far scoprire le bellezze del nostro paese. Il ciclismo poi, è veramente come il filo che unisce tutto questo”.

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“Quando correva nel “Bottegone” un giorno, si stava scaldando per la corsa, passò accanto a un contadino che stava vangando con la cavalla. Lo vide e gli disse: “Non si vanga così”. Scese dalla bici e iniziò a vangare alla sua maniera, alla Trentina. Poi risalì in bici e vinse la corsa. Era il 1971. Lui era Francesco Moser. Vinceva tantissimo, 17, 18 corse l’anno, poi vinse il campionato italiano”.

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“Vengo dalla Toscana, dalla Versilia, sono venuto qui per il Giro. Non in bici eh, di chilometri ne faccio tanti ma sarebbero troppi. Vengo tutti gli anni a vedere qualche tappa. Un po’ di montagna, un po’ di cronometro, si approfitta dell’occasione. Sono stato un grande tifoso di Moser. L’ho conosciuto, siamo stati anche a cena insieme. Ha corso ai miei tempi, da dilettante correva nel “Bottegone”, proprio in Toscana. Il ciclismo l’ho sempre seguito. Ho cominciato a 15 anni a correre in bicicletta, ho smesso 4 anni fa. Prima da dilettante e poi da cicloamatore, fino a 64 anni, poi ho detto basta, son troppo vecchio. Però la bicicletta non riesco ad abbandonarla. I miei 15, 16 mila chilometri l’anno li faccio sempre.”

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