“Di qui è passato il Giro, io lo ricordo, moltissimi anni fa. Avevo una casa lì, dove ora c’è l’arrivo, e dalla finestra della mia camera da letto vedevo le scritte sull’asfalto. Una di queste era “W Gimondi”. Ero piccolissima, ma lo ricordo molto bene. Ora stiamo qui, abbiamo un piccolo albergo di famiglia e questo parcheggio dove ci piace incontrare la gente. E’ il nostro piccolo porto di mare”.
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“Quando osservate un trullo dovete fare attenzione ai pinnacoli. In passato distinguevano il ceto sociale della famiglia che vi risiedeva. Più era lavorato il pinnacolo, più era ricca la famiglia cui apparteneva. Vedrete pinnacoli inesistenti, pinnacoli con una semplice palla o altri con una stella. I simboli disegnati sui trulli invece distinguevano le famiglie per credenza, ceto sociale, religione…Vengono ri-disegnati ogni 2 anni e distinguevano le famiglie cristiane da quelle pagane. Vedrete simboli pagani, cristiani, magici e primitivi. Da queste parti l’esoterismo è sempre stato diffuso, dovuto al fatto che la popolazione è molto antica, ha dei rimandi che vanno molto indietro nel tempo. Sono un artista visivo e mi appassionano molto queste antiche forme d’arte decorativa. Il simbolo del Giro? Forse l’avrei fatto diversamente”.
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“Io sono di qua, non sono Dalì”.
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“Nel 2003 il Giro partì da Policoro. Ero piccolino e Marco Pantani mi fece l’autografo su un cappellino. Fu il suo ultimo giro d’Italia. Ce l’ho ancora…Ora tifo per Domenico Pozzovivo. Un po’ perché è lucano, un po’ perché lo conosco. Correvo in bicicletta, mio zio è meccanico della Nazionale under 23. Ora ho smesso, ho 28 anni, ma quando posso prendo la bici ed esco: la passione c’è sempre”.
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“Io sono sempre vestito così, oggi però il mio abbigliamento è dedicato al Giro d’Italia. Per uno sportivo come me è un rito. A quest’ora di solito si segue il Giro. Il vero sportivo dopo pranzo si mette davanti alla TV e guarda l’arrivo della corsa. Sono un tifoso, lo sono sempre stato. Prima di tutto del “Trullo volante”: Leonardo Piepoli, ma anche di Saronni, Moser, Battaglin, Simoni, Nibali, Aru…ma vado anche in bicicletta. Vedi questa bici era del mio papà, l’ho restaurata, ha i freni a bacchetta. Era una bici da lavoro, perché le biciclette sono nate per lavorare”.
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“Questa sfumatura rosa l’ho fatta prima di sapere che il Giro sarebbe passato da qui. Sono avanti!”.
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“Sono di Alberobello, faccio il cameriere, è la prima volta che vedo il Giro. Non l’avevo mai seguito prima, neanche in TV. Sono appassionato di sport, ma preferisco praticarli piuttosto che guardarli”.
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“Questo è territorio Borbone. Luigi di Borbone, fratello di Ferdinando II, ribattezzò queste terre “Luigiane” e questa è la bandiera del Regno delle due sicilie”.
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“Mio nonno stava male, era obbligato a stare sul divano, eppure, per il giro, ritornava vivo. Un giorno la TV era accesa, sintonizzata su una tappa, Pantani attaccò in salita e lui, nonostante la malattia, si alzò in piedi. Io ero bambina, quella scena mi rimase impressa, mi resi conto di quanta forza ed emozione ci sia dietro questo sport. Qualcosa che va oltre”.
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