“Questo è il torrone sardo tipico, è fatto con miele, bianco dell’uovo e frutta secca. Lo produciamo noi, ogni pezzo ha almeno tre ore di lavorazione. E’ una tradizione di famiglia. Veniamo da Tonara, è al centro della Sardegna, è la patria del torrone e noi facciamo torrone da generazioni. Qui da noi le tradizioni sono importanti, cerchiamo di mantenerle sempre. Poi le cose cambiano, ma l’importante è restare fedeli alle proprie origini. Per me il giro rappresenta un’occasione, è una giornata in più di lavoro…”.
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“Il muro l’ho dipinto io. Mi è bastata una mascherina e un po’ di scotch. L’ho decorato con uno stencil. E’ il mio primo giro in assoluto e mi è sembrato giusto celebrarlo dipingendo questo muro. Questo rimarrà”.
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“Ho un’attività qui, non posso dire di essere venuto apposta per il Giro, ma vederlo qui è bello, siamo contenti. Io personalmente non posso dirmi un appassionato. L’ho seguito di più quando c’era il Pirata. L’anno scorso con Aru ho ricominciato ad entusiasmarmi. Secondo me dipende dai momenti. Ci vuole il giusto corridore per emozionarti. Mi piace più la disciplina in sé, io sono uno sportivo, riconosco la difficoltà fisica rispetto agli altri sport: ci vogliono un allenamento e una costanza assurdi. Credo sia più bello da praticare che da guardare. Prendi il Giro, ti permette di vedere dei posti meravigliosi. Chiaro, non ti puoi fermare a guardare il paesaggio, però attraversi delle regioni spettacolari. Prendi la Sardegna: è tutta bella!”.
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“Mi definisco una ex-fan accanita. Ho seguito tantissimo il ciclismo, ma non solo il giro, anche il Tour e la Vuelta. L’ultima volta che il giro è passato da queste parti io c’ero. Avevo 14, 15 anni. Erano i tempi di Gianni Bugno, Chiappucci e Pantani. Era la mia passione, ma non so dirti perché, non sono mai salita su una bici da corsa. Ho sempre apprezzato lo sforzo immane: è uno degli sport più faticosi che ci siano, se non i l più faticoso”.
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“E’ la nostra prima volta al Giro!”.
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“Siete appassionati di ciclismo?”
“Per niente”, ma come fai a non appassionarti a un evento così!?”
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“Sono qui per lavoro. Siamo ancora in bassa stagione, i turisti arrivano alla spicciolata, e un evento come il giro ci permette di lavorare. Non sono un vero appassionato, pratico un po’ di sport, ma non il ciclismo. Ho perso un po’ di fiducia nello sport. Gli sportivi “D.O.C.”non esistono più. E’ un paradosso: la sportività non fa più parte dello sport”.
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“Ho accompagnato mia mamma. E’ lei l’appassionata di ciclismo.Ha una vera malattia per il Giro.E’ venuta qui per Nibali, secondo lei al momento non c’è altro. Le è sempre piaciuto il ciclismo. La passione gliel’ha trasmessa mio nonno, suo padre”.
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“Sono napoletano, ma vivo a Olbia da 30 anni. Sono un orafo e un artista, ma sono anche un profeta”.
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